I paradossi del colore: percezione e immaginazione
DIALOGO CON ALBERTO OLIVIERO
Come si evolve l'area cerebrale visiva nell'uomo contemporaneo, la cui attenzione è perennemente influenzata da segnali cromatici, rispetto all'uomo del passato, immerso in un mondo non ancora completamente dominato dall'ambiente costruito?
L'uomo di oggi non è lo stesso uomo del passato, così come l'ambiente in cui esso vive si è evoluto. Il nostro cervello si adatta alla realtà circostante; vivere oggi nelle città costituite da palazzi e grattacieli, comporta una diversa risposta nella nostra percezione spaziale e cromatica, così come vivere nelle città in un'altra epoca comportava una risposta e un adattamento diverso dal nostro. I nostri antenati vivevano in ampi spazi e perciò avevano bisogno di un senso dell'orientamento più potente, mentre oggi non abbiamo le stesse necessità, ma abbiamo bisogno di abilità distinte per vivere nelle città affollate. I cambiamenti esterni comportano una conseguente trasformazione delle varie aree cerebrali, sicché lo sforzo compiuto per riuscire ad adattarsi garantisce alla nostra mente di mantenersi attiva e di progredire.
Quali sono le sostanziali differenze neurobiologiche che contribuiscono a una maggiore o minore sensibilità cromatica di un soggetto?
La sensibilità cromatica inizia nella retina dove si trovano i primi recettori che, insieme a quelli posti nel lobo occipitale, assolvono alla percezione delle onde elettromagnetiche. Il 90% delle persone reagisce alla tricromia, ovvero i coni presenti nella fovea (regione centrale della retina di massima acuità visiva, ndr) riconoscono tre diverse lunghezze d'onda: rosso, verde e blu. A eccezione, però, di una piccola percentuale di persone che presenta un sistema di coni alterato. Essendo queste particelle le responsabili della ricostruzione della realtà in ogni singolo individuo, non è possibile sapere che cose vive e che cosa percepisce chi ha una percezione tetracromatica.
In che modo lo sviluppo tecnologico ha modificato la capacità percettiva dell'uomo?
Innanzitutto, i sistemi tecnologici comportano per l'uomo dei problemi d'attenzione. Questo perché i tempi di tali strumenti sono diversi da quelli della natura, molto più ristretti. Lo strumento tecnologico comporta per l'uomo l'attivazione di un processo di completamento della realtà, del pensiero logico e analogico. Tendiamo a equiparare nuove situazioni con ciò che già conosciamo, per cui siamo portati a completare mentalmente il messaggio. Ci basiamo quindi su standard cromatici per orientarci di fronte a uno schermo, che è invece dotato di una risoluzione molto più elevata dell'occhio umano.
Come si rapporta il cervello a un supporto digitale che invia un sovraccarico d'informazioni?
Si tratta di compiere delle scelte; prestiamo attenzione a ciò che ci interessa, ciò che maggiormente ci attrae. Effettuiamo una ricerca ottica dello spazio circostante, selezionando i dati, che colpiscono la nostra attenzione e veniamo costantemente attratti dagli stimoli. Siccome il cervello lavora essenzialmente tramite schemi e concetti, propendiamo per la semplicità. Si pensi a un qualsiasi sito Internet: più è semplificato e semplice da utilizzare, più viene apprezzato, mentre di fronte a una grafica complessa bisogna riflettere, l'eccesso di stimoli ci confonde e non possiamo individuare subito l'oggetto di nostro interesse.
Differenti culture generano differenti risposte psicologiche rispetto alla percezione cromatica: come incidono queste variazioni dal punto di vista neurologico?
Viviamo in un mondo policromo, che invia costantemente stimoli. Le differenti culture hanno diverse credenze e tradizioni, così come l'ambiente circostante è diverso e, come detto in precedenza, l'uomo ha la capacità di adattarsi all'ambiente, modificando gradualmente la propria struttura cerebrale.
In che modo l'elaborazione cromatica incide sull'assimilazione di informazioni trasmesse alle differenti aree cerebrali?
Come scoprirono i due ricercatori e neuroscienziati David Hubel e Torsten Nils Wiesel, vincitori del Premio Nobel per gli studi condotti sulla corteccia visiva, comprendiamo diverse parti del cervello e della percezione, ma è difficile riunire il tutto in un insieme congruo. Per esempio, quando osserviamo una pallina rossa che rimbalza, si condensano leggi fisiche e di gravità che le permettono di svolgere questi movimenti, ma noi riformuliamo percettivamente lo spazio e il movimento. Per la percezione cromatica teniamo conto dei diversi fattori componenti il messaggio che riceviamo; non solo le rifrazioni luminose quindi, ma calcoliamo l'insieme della realtà circostante, che ci porta a elaborarla in modo congruo. Quando osserviamo un quadro, esso non è recepito soltanto come un oggetto che invia informazioni cromatiche, bensì ne percepiamo tutto l'insieme e veniamo coinvolti anche a livello emozionale
Quali differenze neurali apportano in un soggetto le disfunzioni cerebrali che provocano alterazioni nella percezione cromatica?
Numerosi casi clinici sono stati spesso riportati da studiosi, basti pensare al famoso libro di Oliver Sacks Un antropologo su Marte dove viene analizzata la storia di un pittore diventato acromata (una persona che non è in grado di distinguere i colori, ndr). In questi casi si attiva il processo di completamento: la persona immagina i colori e completa il messaggio in maniera autonoma. L'alterazione dei centri visivi e recettori retinici ci portano a immaginare il mondo, prestando delle caratteristiche che non possiamo più vedere. Il completamente visivo è un processo estremamente importante per l'uomo; per esempio di fronte a una forma complessa che non conosciamo, ne immaginiamo la faccia posteriore, anche se in realtà non possiamo vederla; ciò avviene perché utilizziamo i riferimenti di ciò che ci è familiare. Lo stesso avviene con il colore: le tinte cromatiche nella pittura non sono realistiche, ma esprimono un'interpretazione del pittore; noi che osserviamo l'opera sappiamo che i colori non rappresentano la realtà, ma comprendiamo che questi sono metafore di uno stato d'animo e possiamo percepire le emozioni che il pittore ha provato nel raccontare la sua storia tramite il dipinto.
Perché nell'essere umano restano attive funzioni percettive determinanti per la sopravvivenza dei nostri antenati, ma oggi non più necessarie?
Le aree e le strutture cerebrali hanno la capacità di adattarsi a nuove situazioni, la plasticità mentale ci consente di procedere nell'evoluzione e adeguarci a situazioni diverse. Sappiamo che l'area di Broca e Wernicke hanno una lunga storia evolutiva; la comunicazione verbale risale a centinaia di migliaia di anni fa, mentre per la scrittura non esiste una struttura cerebrale dedicata, adatta a espletare tutte le abilità necessarie: fa capo a differenti aree cerebrali, come il lobo parietale, l'area motoria e il cervelletto. Oggi i mezzi con cui scriviamo si sono trasformati e sono molto utilizzati i messaggi del cellulare che richiedono principalmente l'uso dei pollici per essere composti: l'area cerebrale legata al moto e alla coordinazione di queste dita si sviluppa maggiormente e si espande. La novità mantiene vivo il cervello, ci obbliga a fare sforzi, a imparare e di conseguenza le varie zone annesse si sviluppano.
Per quale motivo si manifestano paradossi visivi quando il soggetto è posto di fronte a determinate immagini?
Come disse Ernst Gombrich, i bambini, grazie all'immaginazione, trasformano un manico di scopa in un cavallo; i segnali stradali, estremamente minimizzati, fanno riferimento a simboli e codici cromatici. Tutto ciò comporta un lavoro di elaborazione, avvia l'attività cognitiva della percezione. Inoltre, la visione tridimensionale è un codice: posti di fronte a due figure, elaboriamo quella più grande è più vicina e quindi in primo piano, mentre la figura più lontana corrisponde allo sfondo. Ma i codici percettivi e le conseguenti illusioni potrebbero essere state diverse nei nostri avi; gli antichi egizi utilizzavano una pittura piatta, dipingendo file di uomini su un piano bidimensionale, dove l'estrema destra indicava la profondità di campo, quelli posti dietro, e le persone raffigurate a sinistra erano percepite in primo piano. Questo può essere dovuto a un uso diverso del cervello, un diverso sviluppo delle sue aree e quindi un tipo di percezione differente al nostro contemporaneo. Si pensi poi a come i bambini abbiano una diversa capacità di rapportarsi al mondo. Per loro ogni segnale, ogni stimolo ricevuto è reale, viene accettato così come è, senza una rielaborazione cognitiva complessa. Il messaggio ricevuto è valido nel suo insieme, mentre un adulto attraversa una rielaborazione tale per cui questo messaggio viene reinterpretato secondo schemi, concetti e passate esperienze.
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